Il progetto, finanziato nel 2017 dalla Regione Lombardia nell’ambito del Programma di Sviluppo Rurale 2014-2020 – MISURA 1 “Trasferimento di conoscenze e azioni di informazione”, inizia a novembre 2017 e si conclude alla fine di aprile 2019. Capofila del progetto è Università di Pavia, Dipartimento di Scienze della Terra e dell’Ambiente (DSTA), che con la sua Banca del Germoplasma Vegetale custodisce i semi di molte cultivar tradizionali locali lombarde. Nel progetto collaborano l’Università di Milano (partner), Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali-Produzione, Territorio, Agroenergie (DISAA) e il Centro Interdipartimentale di Studi Applicati per la Gestione Sostenibile e la Difesa della Montagna (Ge.S.Di.Mont.)/Polo di Edolo (BS)/Università della Montagna (UNIMONT).
Il progetto interessa tutto il territorio regionale, con specifico riferimento alla zona alpina, appenninica e planiziale. La Legge nazionale 194/2015 sulla conservazione dell’agro-biodiversità, dal titolo “Disposizioni per la tutela e la valorizzazione della biodiversità di interesse agricolo e alimentare”, mette al centro delle azioni di conservazione gli agricoltori ed in particolare riconosce come figura centrale nella salvaguardia di queste entità gli “agricoltori custodi” delle cultivar tradizionali (art. 2 comma 3), che sono coloro a cui questo progetto si rivolge in modo speciale.
Per definizione, una cultivar locale tradizionale (in inglese landrace) è una varietà locale di una coltura che si riproduce per seme o per propagazione vegetativa con una popolazione variabile, comunque ben identificabile e che usualmente ha un nome locale. Contraddistinta per il non essere stata oggetto di miglioramento genetico, è caratterizzata da un adattamento specifico alle condizioni ambientali e di coltivazione di una determinata area ed è strettamente associata con gli usi, le conoscenze, le abitudini, i dialetti e le ricorrenze della popolazione umana che l’ha sviluppata e/o continua la sua coltivazione. Le cultivar locali tradizionali rappresentano quindi la memoria storica e biologica dell’agricoltura; in molti casi, sono caratterizzate da interessanti sapori ed eccellenti proprietà nutrizionali, rispetto alle varietà moderne, tanto da essere utilizzate come ingredienti per gustosi piatti tipici della tradizione locale. Inoltre, hanno spesso un’elevata capacità di tollerare gli stress sia biotici (parassiti) che abiotici (cambiamento climatico, come la siccità) e pertanto sono di grande interesse attualmente, sia per l’agricoltura convenzionale che biologica. Tuttavia, a causa della loro ridotta produttività, nell’ultimo secolo, molte cultivar locali tradizionali sono oramai cadute in disuso, sostituite da cultivar moderne, molto più produttive, ma di solito meno interessanti sul piano del gusto. Si tratta pertanto di entità a forte rischio di erosione genetica se non di estinzione, che necessitano di essere salvaguardate.
Il progetto informativo, in particolare, è calibrato sulle cultivar che si possono riprodurre di anno in anno con i propri semi e che in genere non sono disponibili sul mercato sementiero standard, sia ortive che cerealicole. Divulgare le buone pratiche per il recupero e il mantenimento delle sementi e per la gestione delle coltivazioni di queste cultivar “speciali” diventa dunque importante, se non strategico, per tentare di salvaguardarle, ma anche per migliorare la qualità dei prodotti agroalimentari delle aziende lombarde, incrementare l’occupazione giovanile e favorire lo sviluppo sostenibile regionale, con importanti ricadute sul territorio locale (sviluppo o rilancio di piccole filiere alimentari, eventi locali a carattere gastronomico e turistico, come le sagre di paese).
Dato che le cultivar tradizionali locali, per la loro corretta coltivazione, necessitano di capacità tecniche ormai perse e in gran parte da recuperare, ma anche dell’ausilio dei moderni mezzi offerti dalla scienza (come la capacità di individuare e contenere le micotossine che si possono sviluppare sui cereali), il progetto vuole fornire agli agricoltori interessati a diventare “agricoltori custodi” o già produttori di cultivar tradizionali “ritrovate”, ma anche ai tecnici agronomi, i necessari strumenti tecnici e le opportune conoscenze per operare una corretta conservazione in situ (on farm) delle cultivar tradizionali locali, anche attraverso tecniche avanzate di mantenimento in purezza e per poter riprodurre semente di qualità (autoproduzione, avvio di piccole ditte sementiere), attraverso tecniche specifiche sia di coltivazione che di conservazione delle sementi (home seed bank), al fine di realizzare nuove filiere produttive e nuove possibilità di reddito.